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“Viaggio al Centro della Donna, la Danza Orientale l’Arte che cura” Di Alessia Fignon

C’era una volta, un centro luminoso che partiva dal grembo di una giovane donna con lunghi capelli corvini e occhi magnetici, così magnetici da incantare chiunque incontrasse il suo sguardo.

Il suo potere immenso, era centrare il cuore di chi si imbatteva nella sua luce e dal cuore raggiungere il centro del ventre e dal ventre giù fino alla coppa della vita, al suo utero colmo di fiori colorati, in grado di generare un profumo inebriante e una dolcezza al cuore, che intender non la può chi non la prova……

Così tra un riferimento Dantesco  e l’inizio di una fiaba della buonanotte, ha inizio un Viaggio, al Centro della donna: un percorso che parte dal centro di chi osserva la donna, dal centro della donna stessa, dall’età in cui sono le fiabe della buonanotte che accompagnano l’immaginazione, fino all’età della responsabilità, in cui si è chiamati a conoscere come “funzioniamo e  come possiamo funzionare al meglio”, a come possiamo comprenderci e autosostenerci sia a livello fisico che emozionale, a come possiamo nutrirci  prendendoci cura di noi stesse, a come il confronto con altri popoli possa arricchire il nostro bagaglio.

La meta di questo Viaggio è la riconnessione con il nostro centro, tramite la scoperta e il recupero dell’immenso potere creativo che proprio la Madre terra ci ha donato. “Dietro ad un grande uomo ci sta sempre una grande donna”frase proverbiale che conferma quanto questo viaggio possa essere utile, come ogni esperienza del resto lo è, anche per l’uomo che come figlio, padre e compagno attraverso la donna può imparare a conoscersi e a vivere in armonia e in equilibrio. 

Il mio compito di medico ginecologo che si occupa di medicina integrata sarà quello di guidare al centro di questo ventre, provando a dare dei punti di osservazione non scontati rispetto alle tematiche legate al benessere femminile, attinti da anni di professione, che mi hanno permesso di scoprire un mondo che dall’apparato genitale arriva al cuore e alla mente e torna come in un ciclo vitale continuo a mantenere proprio l’equilibrio femminile nelle varie tappe di vita. Nell’adolescenza verranno affrontati i temi relativi al menarca, al ciclo mestruale, alla dismenorrea, alle irregolarità mestruali a come ci relazioniamo con la ciclicità e con la sessualità affinchè sia soprattutto consapevole.

Svariati i temi relativi all’età adulta dalle problematiche ginecologiche e neuroendocrine correlate, alle patologie infiammatorie che sempre e comunque hanno un denominatore comune che non possiamo cercare solo nell’apparto genitale ma osservando il linguaggio del corpo, considerando il nostro stile di vita che come ormai l’epigenetica ci insegna rappresenta le fondamenta di una vita sana.

L’età della saggezza, comunemente definita Menopausa, che segna l’arresto dell’attività utero ovarica apre una nuova epoca che in questo Viaggio verrà affrontata come una Nuova Alba, in cui la donna avrà l’opportunità di riconoscersi affrontando le trasformazioni sia fisiche che emotive inevitabili ma che possono essere vissute in maniera costruttiva e rigenerante, sostenendosi con lo stile di vita e con la riflessione su determinati aspetti che spesso non vengono nemmeno considerati e che possono fare la differenza in un mondo dove la superficialità e l’esteriorità sterile ha ormai preso il sopravvento e dove il ruolo della donna ha subito e subisce continui smottamenti.

Sarà Mara Micheli psicologa psicoterapeuta cognitiva esperta in EMDR a delineare il ponte tra la mente e il cuore, spiegando come influiscono le emozioni, quali circuiti si attivano e ci formano dall’età prenatale e come si possano trasformare gli scogli che si incontrano lungo il percorso di vita in meravigliose dune, affrontando tematiche del periodo adolescenziale, che potranno fornire delle riflessioni anche ai genitori che sono chiamati a interagire con i propri figli in un’età che sappiamo essere per certi versi critica, ma anche a  tutti coloro che prestano servizio in strutture educative e ogni giorno si trovano ad affrontare ragazze adolescenti. Il contributo di Mara proseguirà anche nei due moduli successivi, affrontando tematiche psicologiche comuni sia all’età adulta che all’età della saggezza.

Antonella Carini Tutor del corso Dieta Gift della Medicina di Segnale, Master internazionale in nutrizione, Coaching nutrizionale, si occuperà degli incontri informativi sull’alimentazione, informando su come sostenere la bellezza intesa come riflesso di equilibrio e armonia tra nutrimento e movimento, paradigma base della medicina di segnale. Nutrirsi non significa banalmente mangiare, introdurre cibo ma rappresenta il punto di partenza per prendersi cura di sé e ciò è fondamentale per la nostra salute, in qualsiasi periodo di vita ci si trovi, senza distinzione di età!!!

Alessandra Comneno  Insegnante e Praticante di Shamanesimo , Donna medicina secondo la tradizione Maya Tolteca sarà la guida che illuminerà la strada, come gli astri che guidano i pellegrini, ci accompagnerà nella cultura Maya Tolteca. L’incontro in giovane età con Abuela Margarita Nunez, donna medicina Chichimeca, le permette di di imparare ed ereditare l’arte shamanica e la Cosmovisione della Ruota della Medicina.

Nominata Chakaruna – donna ponte tra diverse culture – dalla “Escuela de los  Misterios Mayas” nel 1998, portatrice della Sacra Pipa, porterà argomenti interessanti e stimolanti per la nostra crescita di donne in cammino permettendo  così a chi lo vorrà di aprire le porte ad un femminile più connesso e consapevole.

In questa vita ho scelto di essere medico, studiando la medicina nella sua visione più ampia, senza esclusione alcuna, ritendendo che qualsiasi esperienza medica del passato e del presente, dal mondo occidentale e quello orientale, possa guidarci nel buon senso, nell’ascolto e nella scelta di quale sia la strada per la salute, il ben-essere, l’amore per noi stessi, per il prossimo, per la vita partendo dalla convinzione che ognuno di noi ha la responsabilità della propria salute e per essere responsabili e consapevoli ci si deve informare.

Negli anni ho seguito il desiderio e l’esigenza che la mia missione, l’arte medica si intrecciasse all’arte coreica, in particolare alla danza, che da decenni rientra nelle arti terapie, con diversi campi applicativi e con grandi risultati, poiché oltre all’indiscusso beneficio a livello muscolare, articolare e neurologico permette di manifestare attraverso il respiro e il  movimento le proprie emozioni e il proprio modo di Essere.

 Per la mia personale esperienza, ho ritenuto di proporre alcune tecniche della danza orientale come arte che cura.

Coloro che insegnano danza orientale in realtà fanno già “terapia”, perché guidano l’allieva nell’esecuzione di  movimenti corporei armoniosi, educano alla concentrazione, alla visualizzazione del movimento, all’ascolto del movimento  e alla percezione del corpo e all’emozione che ne deriva, aprendo le porte alla creatività; in sala di danza si spiega come respirare durante i movimenti e il respiro è fondamentale per ognuno di noi non solo perché permette l’ossigenazione cellulare dei tessuti ma anche perché il respiro  rappresenta il movimento stesso della vita un’incessante e continua alternanza tra l’espansione e la contrazione, tra il trattenere e il lasciare andare che segue la legge degli opposti che regola la nostra natura.

Imparare danza orientale significa “lavorare” nel superamento dei propri limiti fisici o dei condizionamenti mentali che spesso ci autoinfliggiamo in quanto non si corrisponde ai modelli proposti dai social media; il seno troppo piccolo o troppo grosso, il ventre troppo pronunciato o troppo piatto, le cosce troppo voluminose o  troppo magre, i glutei cadenti o troppo abbondanti, le  labbra poco carnose, l’età che avanza e che per convenzione pone un limite all’arte della danza e  chi più ne ha più ne metta…”Quando fai un lavoro creativo, sei assolutamente senza tempo. Non c’è età alla creatività!” scrive Eileen Kramer, ballerina, coreografa di 108 anni!!!

Non esiste il troppo, esistono le differenze che permettono lUNICITA’ ed è proprio questa DIVERSITA’ ciò che avvalora ognuna di noi. E chi insegna e studia danza orientale, va oltre il pregiudizio di una danza di intrattenimento seduttivo, come purtroppo è da tempo considerata, quando ci sarebbe invece da scrivere un’enciclopedia relativa alle origini e agli sviluppi di questa meravigliosa arte e alle sue contaminazioni, figlie dei tempi e della storia.

L’interazione di gruppi di donne, la complicità, la solidarietà e il sostegno che si crea e anche il confronto con i limiti e le criticità di ciascuna, è ciò che alimenta la forza per superare ogni falsa credenza; e in ultimo non dimentichiamo l’azione di attivazione dei centri energetici, che a partire dal centro del corpo, il ventre, seguono tutti i meridiani rinforzando la connessione corpo- anima -spirito.

Il Viaggio è composto da 3  moduli divisi per fasce di età: 

adolescenza ( 11-17 anni), età adulta ( 18-45 anni), età della saggezza ( dai 46 anni)

ogni modulo prevede 3 incontri informativi  e di confronto online  e 1 incontro di danza orientale con il velo in stile lirico online dove il ruolo medico si intreccerà a quello di insegnante di danza orientale con il supporto della psicoterapia cognitiva.

Il Viaggio vedrà la sua prima tappa conclusiva in presenza a Grondona (AL) il 6 aprile 2024

PER INFO E ISCRIZIONI scrivere a: eventi@alessiafignon.it   

“Posso amare anche se …”

“La propensione ad esperire l’angoscia per la separazione e il dolore per la perdita sono i risultati ineluttabili di una relazione d’amore, del fatto di voler bene a qualcuno (Bowlby, 1973)”
Cito spesso Bowlby nei miei articoli perchè nella attività clinica è sempre più chiaro come si possano rileggere insieme al paziente storie critiche di vita, partendo dalla storia di attaccamento.

I primi studi sulla separazione di Bowlby e dei suoi collaboratori comprendevano descrizioni sistematiche delle relazioni psicologiche alla separazione e perdita nei bambini e negli adulti (Bowlby et al.; 1952; Parkes 1964). Bowlby da questa osservazione individuò due principali fattori: la separazione e la rabbia. Abbiamo visto, in un articolo precedente, che la strategia insicura- ambivalente comporta l’aggrapparsi all’agente delle cure materne spesso con una sottomissione eccessiva o a volte con l’adozione di un inversione di ruolo nella quale ci si cura dell’agente delle cure materne invece che viceversa; quest’ultima modalità consente comunque una vicinanza alla figura di attaccamento anche se avviene con una modalità “non corretta”.

I sentimenti di rabbia in questo stile di attaccamento sono soggetti in massimo grado all’esclusione difensiva, questo implica che i modelli non possono essere aggiornati alla luce di nuove esperienze rinforzando lo stile relazionale; mancano quindi opportunità per l’elaborazione emotiva di affetti dolorosi.

L’esclusione difensiva o “barriera della comunicazione”, porta il bambino a costruire un falso sé, se questa modalità avviene occasionalmente per esempio per distogliere l’attenzione da vissuti dolorosi può avere una funzione protettiva per l’individuo che “si distrae” da contenuti dolorosi, mentre se diventano fissi e rigidi portano al costituirsi di legami affettivi disfunzionali in cui non solo con il genitore ma anche nelle prossime relazioni future il soggetto diventa incapace di esprimere un equilibrato sentimento affettivo.

E’ attraverso i modelli operativi interni che i pattern di attaccamento dell’infanzia sono stati trasposti nella vita adulta e poi vengono trasmessi alla nuova generazione. Così come la relazione madre-bambino non può essere intesa come basata sull’alimentazione, così i legami di coppia adulti non possono essere spiegati dalla sessualità. Il sesso senza attaccamento e il matrimonio senza sesso sono entrambi fenomeni così comuni da suggerire che il sistema di attaccamento e il comportamento sessuale siano entità psicologicamente separabili. Lo scopo del matrimonio è quello di fornire una base sicura e un sistema di attaccamento che può essere riattivato in tempi di bisogno.

La prima relazione di attaccamento ha innegabilmente influenze sulle relazioni successive ma non si può concludere con altrettanto certezza che tali relazioni abbiano la stessa natura; entrano infatti in gioco scopi diversi come la sessualità, la cooperazione, l’appartenenza e il raggiungimento degli obiettivi.Nella vita adulta le persone con uno stile relazionale insicuro-ambivalente sono trascinate dal vortice della passione pensando sempre di aver trovato la persona giusta attraverso un idealizzazione continua.

Cosa accade a figli insicuri che diventano a loro volta genitori? Il bambino insicuro – ambivalente presenta una spiccata compiacenza verso l’altro tenendo conto che dalla costanza della madre deriva il senso della nostra storia personale, l’affidabilità della risposta della madre al bambino diventa il nucleo della competenza autobiografica; la capacità di autoriflessione e la possibilità di concepire se stessi e gli altri come persona che hanno una mente sono alla base di relazione sane ed efficaci.

Heinz Kohut (1977) ha basato la sua psicologia del sé descrivendo i “bisogni di oggetto sé” che continuano nell’infanzia attraverso tutta la vita e comprendono il bisogno dell’individuo di risposte empatiche da parte dei genitori, degli amici, degli amanti e dei coniugi (e dei terapeuti). La capacità di dare e ricevere risposte empatiche dall’ambiente e dagli altri porta all’esistenza di una persona una senso di vitalità e di significato, di sicurezza e di autostima;  la mancanza di esso porta a vissuti narcisistici della personalità caratterizzati dalla ricerca disperata di oggetti di sé. Quando questi oggetti di sé (altri significativi) si dimostreranno inadeguati, come è inevitabile  che sia (perchè tutti siamo inadeguati!), la persona risponderà con “rabbia narcisistica” e con la delusione. con le quali in assenza di un “oggetto sé” , non possono essere trattate in modo riproduttivo.Così il più delle volte si rimane incastrati in relazioni dolorose e/o in un ritiro sociale importante.


Astienti ancora un poco dalla felicità,e seguita a respirare dolorosamente in questo mondo crudele,non fosse altro che per raccontare la mia storia
W. Shakespare, Amleto, Atto V, Scena II.

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Bowlby, J. (1983): Attaccamento e perdita, Vol. 3: La perdita della madre, Boringhieri, Torino. 
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Kohut H. (1977). The Restoration of the Self. New York: Int. Univ. Press (trad. it.: La guarigione del Sé. Torino: Boringhieri, 1980).

Kohut H. (1978-81 [1988]). The Search for the Self. Selected Writings of Heinz Kohut: 1978-1981. Volumes 3 & 4 (P.H. Ornstein, editor). New York: Int. Univ. Press, 1988.

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Kohut H. (1984). How Does Analysis Cure? Chicago: Univ. of Chicago Press (trad. it.: La cura psicoanalitica. Torino: Boringhieri, 1986).

Kohut H. (1985). Self Psychology and the Humanities: Reflections on a New Psychoanalytic Approach (C.B. Strozier, editor). New York: Norton (trad. it.: Potere, coraggio e narcisismo. Psicologia e scienze umane. Roma: Astrolabio, 1986).

Relazioni significative e stili di attaccamento: “dalla culla alla tomba?”

Bowlby (1973) definì l’attaccamento come una “connessione psicologia duratura tra gli esseri umani.

Questa teoria può essere molto soddisfacente perché capace di spiegare come si scelgono i partner.

Il nostro modello di attaccamento può spiegarci molte cose, ma quando e dove si formano questi modelli?

I modelli di attaccamento si formano nella prima infanzia e continuano a funzionare come modello operativo interno (MOI) nelle relazioni in età adulta. I MOI sono modelli interni che definiscono l’insieme di schemi di rappresentazione interna come immagini, emozioni, comportamenti connessi all’interazione tra bambino e gli adulti significativi.

Nella teoria dell’attaccamento il sistema di attaccamento è inteso come un sistema motivazionale innato (SMI, Liotti 2001) teso a mantenere l’omeostasi dell’organismo e che viene attivato soltanto in specifiche situazioni, quando cioè l’organismo si sente in pericolo. L’angoscia di separazione è un buon indicatore che la relazione di attaccamento si è stabilita.

Bowlby ha concettualizzato la teoria dell’attacamento come un sistema psico-evolutivo che guida il comportamento sociale “dalla culla alla tomba” il cui scopo è quello di mantenere un livello ottimale di prossimità con l’altro significativo che dovrebbe soddisfare i nostri bisogni primari; questo passaggio è molto importante perché costituisce i primi schemi di risposta con l’altro e l’ambiente che un individuo sviluppa.

Gli esperimenti di Harlow (1961) hanno mostrato come la tendenza a mantenere una vicinanza con le figure genitoriali trovi la sua innata motivazione in una ricerca di contatto, di conforto e di protezione, più che nella ricerca di pulizia e di nutrimento.

Le risposte che apprendiamo su base insicura da un genitore possono portarci a leggere il mondo come pericoloso e come invece una persona con attaccammo sicuro può avere la stessa esperienza di vita, ma leggerla e viverla come positiva senza che il mondo sia vissuto come minaccioso.

Per Bowlby il formarsi della coppia in età adulta poggia sulla capacità del partner di confermare le rappresentazioni del sé e degli atri formatesi nella prima infanzia.

E’ importante sottolineare come nel corso della vita si possano comunque incontrare altre figure di riferimento significative che possono a loro volta sviluppare con il bambino diverse relazioni (padre, insegnanti, altre figure di riferimento; tuttavia il legame con la figura primaria e il suo stile di accudimento svolgerà un ruolo fondamentale che resterà attivo in tutte le relazioni future in cui si instaurerà un attaccamento.

Molti studi condotti fino ad oggi dimostrano che chi ha un attaccamento sicuro, riuscirà a soddisfare i propri bisogni e quelli dell’altro, mentre, con uno stile di attaccamento insicuro la persona tenderà a cercare un partner che non risponde o risponde in parte a certi bisogni (attaccamento insicuro-ansioso, insicuro-ambivalente).

Vediamoli nello specifico:

Attaccamento Sicuro: da bambini sono stati riconosciuti nei loro bisogni sviluppando una relazione di attaccamento sicura; da adulti sono capaci di offrire supporto emotivo quando il loro partner si sente afflitto e sono capaci di chiederlo se ne hanno necessità. Modello operativo interno: è “degno di amore”, il mondo può essere esplorato.

Attaccamento insicuro-evitante: da bambini questi individui hanno fatto esperienza di una madre che non dava sicurezza affettiva , che si approciava con modalità fredda e distaccata, mai disponibile a soddisfare bisogni d’amore e/o di conforto. Modello operativo interiorizzato li definisce come “non degni di amore”, il mondo è vissuto come pericoloso, inaffidabile. Le persone con questo stile di attaccamento hanno la tendenza a distanziarsi emotivamente dall’altro, si percepiscono pseudo-indipendenti, dall’esterno appaiono concentrati su loro stessi e sulla propria realizzazione personale, non sono mai coinvolti emotivamente sul partner.

Attaccamento insicuro-ambivalente: la madre di questo tipo di attaccamento è imprevedibile (a volte riescono a sintonizzarsi sui bisogni dei bambini altre volte no). I rapporti sono caratterizzati da continue idealizzazioni del partner sono possessivi ed esigente quando percepiscono insicurezza quasi a richiamare l’attenzione come molto probabilmente dovevano far da piccoli. Modello operativo interiorizzato è quello del non essere degni di amore.

Esiste un quarto stile di attaccamento chiamato attaccamento disorganizzato in cui le figure di riferimento da una parte danno accudimento ma dall’altra possono diventare violente e/o trascuranti non proteggendo il bambino quando si sente sopraffatto. Questo stile di attaccamento porta a disregolazione emotiva in quanto la madre non è in grado di leggere i propri vissuti interni e quelli del bambino; ciò significa che sono presenti deficit nell’utilizzo di strategie adattive per modulare l’intensità o la durata dell’esperienza emotiva. Modello operativo interno sono molteplici e contraddittori tenendo presente il costante alternarsi di sentimenti di paura, aggressività e di sollievo che il bambino prova nella relazione di attaccamento.

Lo scopo dell’attaccamento è quello di essere protetti e accuditi per la sopravvivenza del individuo. La teoria ecologica di Bowlby suggerisce che i bambini hanno un innato bisogno di formare un legame di attaccamento con un cargiver, che accresce le possibilità di sopravvivenza del bambino.

L’importanza del conoscere il proprio stile di attaccamento ci porta da un punto di vista clinico di poter fare interventi preventivi sui minori con condizioni di disagio psicologico, come prevenzione di manifestazioni psicopatologiche future. In ambito psicoterapeutico si può portare il soggetto ad una maggiore consapevolezza nel vivere le relazioni significative con modalità più funzionali; ogni stile relazionale può essere modificato con un buon lavoro personale potendo quindi diventare più capaci nel riconoscere i nostri bisogni e quelli dell’altro.

“dalla culla ad una buona psicoterapia”…..

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